2.2.9 - Il Giornale d'Italia
Segnatura: Sub-fondo Navi di Nemi, b. 1, fasc. 2: Cartella con lettere, disegni, etc. (Guido Ucelli) 1929-1941, sf. B.2, c. 9
Tipologia: unità documentaria
Titolo: Il Giornale d’Italia
Estremi cronologici: 1930 novembre 15
Contenuto: Ritaglio di “Il Giornale d’Italia” relativo all’articolo di Luigi Jacono, regio ispettore delle Antichità Marittime d’Italia dal titolo “Le ancore di Nemi e i musaici di Pompe (Una polemica tra archeologi)i”.
Regesto: Commenti ed osservazioni di Luigi Jacono all’articolo del comandante Speziale dal titolo “L’antica Roma precorse la scienza navale moderna”, considerato manchevole di alcune importanti spiegazioni circa i preziosi rinvenimenti.
Trascrizione:
“Le ancore di Nemi e i mosaici di Pompei
(Una polemica tra archeologi)
Dal prof. Jacono, che ha chiara fama di studioso delle antichità marittime, a proposito delle navi di Nemi riceviamo e pubblichiamo questa lettera, alla quale risponderà il comandante Speziale:
Signor Direttore,
L’articolo dell’esimio comandante Speziale, sulle ancore rinvenute in fondo al lago di Nemi, inserito nel Giornale d’Italia di oggi, se è molto interessante per la vivace descrizione degli ansiosi momenti dello scavo e dei particolari strutturali di quegli importantissimi cimeli, pecca, a parer mio, in alcune spiegazioni che non riescono esaurienti, e nello aver trascurate alcune testimonianze letterarie, che molta luce avrebbero riflessa sui mentovati preziosi trovamenti.
Per assegnare, infatti, una plausibile ragione al rivestimento ligneo della prima àncora il chiaro comandante si vede costretto a supporre che quella sia stata prelevata dagli armamentarii di Miseno, e poscia, nel cantiere di Nemi, sia stata ingrossata ed alleggerita coll’aggiunta del legno. Ne viene, per conseguenza, che i carpentieri, fabbri, etc. i quali si dimostrano ai nostri fortunati occhi espertissimi maestri nella struttura dello scafo, non fossero in grado di fabbricare delle ancore. Perché non ammettere, invece, una spiegazione più semplice ed ovvia? Non ammettere, cioè, che le grosse ancore fossero sempre costruite proprio così, allo scopo di evitare che, salpate ed attraccate, mediante una fune attraverso l’anello inferiore, al bordo, nei luoghi ove ordinariamente le grandi e le medie navi avevano ricchi ornamenti metallici, questi non fossero logorati nell’attrito con altro metallo?
Ma, forse, la seconda àncora spiega ancor meglio la prima, essendo tutta di legno, appesantita con parti di piombo. Quando questa cominciava ad apparire dal letto dì fango, dopo la scoperta dell’altra, meravigliato, a mia volta, dal senso di meraviglia col quale i due cimeli erano stati accolti dal mondo giornalistico anche pel fatto dell’anello inferiore, mi affrettai a spedire a due valorosi cultori di archeologia, miei amici, le fotografie delle ancore rappresentate in un pavimento tassellato della casa pompeiana conosciuta appunto sotto l’appellativo «dell’àncora» e nei dipinto sullo stipite della schola juventutis pompeianae; nelle quali ancore quell’anello ricorre. Le due rappresentazioni, senza dubbio di sorta, eran Note ai I miei amici, come eran Note le citazioni classiche, che, contemporaneamente ad essi volli rammentare per indurli a ricordare quel che conoscevamo della grande arte navale romana.
Le citazioni erano:
Il passo di Ateneo (Deipnos., V, 43), dal quale si rileva che la famosa nave di Gerone, probabilmente disegnata da Archimede, certo costruita, sotto l’alta direzione di lui dall’architetto Archia, otto ancore aveva e di ferro e quattro aveva di legno; ed il passo di Diodoro (Bibl. hist., V, 35) che chiarisce quello di Ateneo impedendoci di cadere nell’assurda supposizione di ancore galleggianti, dove dice che i Fenici contrattata, nei Pirenei, a buon patto un’enorme quantità di argento e ricolmatene le navi fino al possibile, per caricarne dippiù tolsero il piombo dalle ancore e lo sostituirono con l’argento. Preannunziai quindi ai miei amici che sicuramente si sarebbero trovate delle parti plumbee nella seconda àncora nemorense e... fui facile profeta!
Ora io dico, si può bene ammettere che le ancore delle grandi navi di lusso fossero, per la ragione esposta innanzi, di legno, rese sommergibili dalle parti metalliche.
Dal corsivo premesso all’articolo del comandante Speziale, apprendo la saggia decisione, fervidamente attesa dagli studiosi di tutto il mondo, di far proseguire i lavori nel lago, allo scopo di poter studiare il secondo galleggiante. Per conto mio, spero che la seconda esplorazione dia risultati ancor più concludenti della prima, attraversata da varie vicissitudini, che non hanno permesso agli archeologi dì rendersi esatto conto delle soprastrutture: non molto di nuovo, infatti, abbiamo appreso circa la costruzione dello scafo, eseguita stupendamente navali ratione. Basta leggere la lucida relazione Barnabei-Malfatti per convincersi di ciò. Ma che cosa vi era su quei pontoni?
A questa domanda risponderà, speriamo, la nuova indagine.
L. JACONO
R. Ispett. delle Antichità Marittime d’Italia»“
Consistenza: c. 1
Busta: 1
Fascicolo: 1
Tipologia fisica: foglio
Supporto: carta
Descrizione estrinseca: Ritaglio di giornale a stampa; mm 580x95. Sul margine superiore, a matita: 15 novembre.
Stato di conservazione: buono