Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell'Arte

Evgenij Evtushenko, Il vento del domani

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Evgenij Evtushenko

Il vento del domani

Perché non sono allegro

io che tutto ho raggiunto,

ma non ho capito

un bel niente?

Sogno il vento,

che mi ha investito,

il vento

che mi ha scavalcato.

Strappa

tutti i fili telefonici

pendenti per la chiacchiera ininterrotta,

e tutto ciò che è di ieri,

tutto ciò che inacidisce,

lo catapulta

in nessun dove.

Innalzàti in turbine,

come foglie cadute,

gridano con sdegno:

«Com’è possibile?»

i vari «purchenonsuccedaqualcosa»,

tremolanti,

come gelatina in doppiopetto.

Dove non c’è vento  —

non c’è fede.

Che cadano

in un giuncheto

dal vento del domani

con violenza disperse

sudate matite rosse.

Il vento

non striscia

davanti agli idoli,

fa volteggiare frammenti di giornali e manifesti,

le glorie di ieri

ribaltando

sui tetti sghembi.

Come se avesse trangugiato l’ardente bevanda dei decabristi,

il vento spazza

un po’ brillo,

tutte le rispettabili scartoffie

che ci schiacciano

a terra.

Il vento

scaraventa

sotto le costellazioni

il pattume

in cui tutto il mondo è invischiato:

le auto che hanno sfiancato gli uomini,

i mobili

che si sono seduti su di noi.

Il vento,

staccando dagli schermi appiccicosi

tutti gli stupidi e stupide incantati,

all’amata torre di Ostankino

di slancio

li infilza

come a uno spiedo …

Timidi giovani,

prèdico a voi:

irrompete nell’epoca a precipizio,

non barattando

il vento della storia

per una moda

o una frivolezza.

Ogni

nuova generazione

deve creare un vento particolare.

Se non si è scosso un solo granello di polvere

bisogna,

giovani,

lanciare un «sos»!

La giovinezza è

l’aria pura dell’epoca.

In vecchiaia è più difficile essere giovani,

se avete tardato ad esserlo

nella vostra giovinezza.

Possibile che siate tutti così inetti?

Aspirate il tempo

con bocca febbricitante.

Il ristagno

da voi inspirato,

come vento

poi

sarà espirato.

E il vento,

donandosi

all’universo,

nasce,

diffondendosi

di slancio,

e giustamente crolleranno

gli edifici

costruiti

sulla sabbia.

E io, che ho innalzato non pochi di questi edifici,

felice guarderò,

senza incolpare nessuno,

come si allontana, incurvata

la criniera,

il vento

che mi ha scavalcato …

La poesia «Zavtrashniy veter» è tratta da E. Evtušenko, Il vento del domani, Introduzione di Carla Solivetti, cura e traduzione di Evelina Pascucci. Roma: Newton Compton editori 1981, 28-33 (Titolo originale: Utrenij Narod, 1978).