Ermanno Arslan - Filippo Coarelli - Cairoli F. Giuliani - Adriano La Regina - Marina Martelli - Fausto Zevi
Roma, 26 aprile 2021
Il piano di investimenti che sarà a breve approvato per la ripresa e lo sviluppo del Paese avrà in buona misura l’obiettivo di rendere le attività produttive e le trasformazioni dell’ambiente compatibili con le esigenze di risanamento delle condizioni naturali del pianeta. Gli estensori di questo documento, archeologi e soci dell’Accademia nazionale dei Lincei, sentono il dovere di richiamare l’attenzione delle Autorità governative sulla necessità di adottare anche opportune misure per la difesa dei caratteri storici e artistici del territorio e per la più ampia promozione della loro conoscenza. Tra queste misure appare di particolare urgenza il potenziamento dell’archeologia preventiva, affinché le grandi opere infrastrutturali e i lavori pubblici in genere non incidano in maniera devastante sul patrimonio archeologico nazionale.
L’archivio più bello e più grande della nostra storia si conserva, ancora sconosciuto, nel sottosuolo. Una plurisecolare tradizione di tutela, competenza tecnica ed elaborazione teorica avevano assicurato all’Italia, nel corso del Novecento, un indiscusso primato nel restauro delle opere d’arte, nella cura dei monumenti, nella ricerca archeologica e nella divulgazione scientifica delle scoperte, attività alle quali l’amministrazione pubblica aveva potuto attendere con un apparato di norme e di ordinamenti assunti a modello in tanta parte del mondo.
La politica di progressivo indebolimento della pubblica amministrazione, perseguita durante l’ultimo ventennio, ha interessato anche la gestione dei beni culturali. Le ferite maggiori sono state inferte nei tempi più recenti con riforme intese al depotenziamento delle soprintendenze, accorpate senza tenere conto delle competenze specifiche e dequalificate come organismi scientifici. Il drastico depauperamento dei ruoli del personale tecnico e scientifico, il mancato adeguamento tecnologico e la riduzione dei finanziamenti hanno paralizzato le ordinarie attività di tutela, di restauro, di ricerca preventiva e di studio favorendo, d’altra parte, la massiccia emigrazione di giovani ricercatori. Risultato evidente di tutto questo è l’incapacità dello Stato di proteggere i suoli archeologici non demaniali e di tenere in ordine e accessibile al pubblico la gran parte dei monumenti antichi e dei musei. Con la proliferazione delle Direzioni generali oltre ogni ragionevole misura gli apparati centrali del Ministero della cultura hanno invece acquisito, contro ogni sano principio di snellimento burocratico e con aggravio di procedure, una dimensione di gran lunga maggiore rispetto a quella che avevano 46 anni fa, quando fu creato il Ministero, senza computare ai fini del confronto gli ampliamenti dovuti all’aumento di competenze (turismo, spettacoli, ecc.). Per ottenere questo incremento sono stati ridotti fortemente gli organici tecnico-scientifici sguarnendo così le soprintendenze, svilite anche nelle funzioni. La stessa sorte è toccata alle biblioteche nazionali e agli archivi di Stato. La Biblioteca nazionale di archeologia e storia dell’arte, con sede in Palazzo Venezia, fondata con legge del 1922 proposta da Benedetto Croce, è stata declassata a biblioteca di museo, ed è stata privata del personale e dei mezzi atti a garantirne il funzionamento.
Onde ritrovare piena capacità operativa con snellezza procedurale e divenire strumento di crescita civile e di sviluppo per l’economia, il Ministero della cultura dovrebbe rinnovarsi profondamente acquisendo la fortissima connotazione tecnico-scientifica auspicata fin dai tempi della sua istituzione. A tal fine appaiono indispensabili e urgenti le seguenti trasformazioni che – per i punti 1, 2, 3 e 5 – oltre l’archeologia riguardano anche gli altri settori dei beni culturali.
1. Potenziamento delle soprintendenze con l’assunzione di personale qualificato mediante procedure semplici ma rigorose, quali l’immissione nei ruoli di chi ha conseguito lo specifico dottorato di ricerca, avendo cioè superato prove concorsuali e valutazione finale da parte di commissioni interuniversitarie.
2. Le soprintendenze devono poter riprendere le ordinarie attività di restauro, spesso contestuali alle operazioni di scavo, mediante l’adeguamento tecnologico dei laboratori; devono altresì essere poste nelle condizioni di provvedere direttamente alla pubblicazione in rete degli scavi, anche di archeologia preventiva, e degli studi. Sarà inoltre necessario risolvere il problema creatosi a seguito della recente riforma, con gravi danni per il patrimonio, della competenza scientifica ai livelli decisionali.
3. Snellimento dell’Amministrazione centrale: gran parte delle competenze attribuite alle Direzioni generali possono essere ricondotte nell’ambito del Segretariato generale; abolizione di norme inutili e paralizzanti istituite con decreti dirigenziali; potenziamento degli Istituti centrali dotati di autonomia speciale; decentramento di funzioni alle soprintendenze.
4. Attribuzione del coordinamento generale dell’archeologia preventiva all’Istituto centrale per l’archeologia, di recente istituito presso il Ministero della cultura, senza esautorare le soprintendenze, che devono mantenere le proprie attribuzioni.
5. Digitalizzazione delle immagini del patrimonio e loro libera fruizione culturale e commerciale – se non sottoposte a copy right – con abolizione delle norme che ne limitano la diffusione, secondo i principi del Libero Accesso (disponibilità in rete senza costi e senza restrizioni) già adottati da alcuni musei: Cleveland Museum of Art, Smithsonian Institution, The Metropolitan Museum of Art, Paris Musées.
Un corretto sistema di protezione, sicurezza e valorizzazione del patrimonio culturale, dell’edilizia storica e del paesaggio non può risolversi solamente nell’esercizio delle funzioni tecnico-scientifiche, amministrative e di indirizzo proprie del Ministero della cultura e delle Regioni, ma richiede una partecipazione di base espletata nei modi più diffusi e diretti dalle amministrazioni comunali. Tra le misure di sostegno all’occupazione sarebbe di grande utilità l’impiego di risorse per consentire l’assunzione anche temporanea, presso i Comuni minori, di archeologi, storici dell’arte, architetti, ingegneri, geologi ed altri specialisti. Si stima che per ottenere risultati efficaci in àmbito nazionale, ivi compresi i territori dotati di autonomia costituzionale, sarebbe necessario il coinvolgimento di almeno 25.000 unità.
I caratteri storici e artistici del territorio rivestono interesse pubblico per la rilevanza culturale ed economica che impone di impedirne la dispersione. La componente archeologica di questi aspetti non è quantificabile ed è in gran parte latente. Ordinate forme di sviluppo richiedono quindi l’accertamento preventivo e il recupero delle strutture monumentali e dei documenti di civiltà fiorite in antico sui nostri suoli, i quali peraltro ne possono trarre i benefici derivanti da un’accresciuta valorizzazione culturale.